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DANTE ALIGHIERI

(Firenze 1265 - Ravenna 1321). Poeta italiano. Di famiglia guelfa di piccola nobiltà, studiò grammatica e filosofia presso i francescani di Santa Croce e retorica a Bologna, probabilmente con Brunetto Latini. Per volontà paterna, nel 1295 si sposò con Gemma Donati dalla quale ebbe tre figli. Nel 1289 combatté nella battaglia di Campaldino e partecipò all'assalto del castello pisano di Caprona. Iscrittosi nel 1295 all'arte dei medici e speziali, in ottemperanza alle leggi che aprivano le cariche pubbliche ai nobili purché appartenenti a una corporazione, fece parte del Consiglio speciale del popolo e, l'anno successivo, del Consiglio dei cento. Dopo un periodo di incertezza si accostò ai guelfi bianchi, ricoprendo la carica di priore a San Gimignano, dove era stato inviato come ambasciatore per rinnovare la lega guelfa toscana. Nel 1301, chiamato nuovamente a far parte del Consiglio dei cento, si oppose alle pretese egemoniche di papa Bonifacio VIII e, quando questi affidò a Carlo di Valois la missione di pacificare la Toscana, la parte bianca inviò Dante come ambasciatore presso la curia. In viaggio ebbe notizia della sua condanna per corruzione nei pubblici uffici e, non essendosi presentato a discolparsi e a pagare l'ammenda, nel 1302 fu condannato a morte in contumacia. Ebbe così inizio l'esperienza drammatica, ma artisticamente feconda, dell'esilio. Nel 1303 si ritirò a Verona presso Bartolomeo della Scala, dove si dedicò alla composizione del De Vulgari Eloquentia, testo fondamentale per la storia della lingua letteraria italiana. L'anno dopo tornò in Toscana, sperando nell'azione intrapresa dal nuovo papa, Benedetto XI, per pacificare Firenze e consentire il rientro degli esuli. Ma l'intemperanza dei bianchi, che vollero tentare le sorti delle armi, indusse il poeta a distaccarsi da loro. In questo periodo cominciò a scrivere il Convivio e, probabilmente, la Commedia, opera che gli dette fama già in vita. Quando gli fu offerta la possibilità di rientrare a Firenze a condizione che si riconoscesse colpevole, rifiutò la proposta (Lettera a un amico fiorentino). Trascorse gli ultimi anni a Verona, presso Cangrande della Scala, e, ospite di Guido Novello da Polenta, a Ravenna, dove morì improvvisamente. Uno degli aspetti salienti della Divina Commedia è costituito dalla sintesi della concezione universale della politica medievale, che Dante vi espose quando essa era ormai al tramonto definitivo: grande costruzione teologica e cosmologica, l'universo dantesco è, nel suo versante terreno, una Respublica christiana regolata dalla dottrina dei due soli, per la quale imperatore e papa ne erano collocati alla testa da Dio, l'uno per la salvezza materiale e l'altro per la salvezza spirituale dell'umanità, missione alla quale nessuno dei due doveva sottrarsi senza incorrere nell'ira divina. Tanto bastava a Dante per giustificare una visione catastrofica della realtà del suo tempo, attraversato dalle tendenze particolaristiche che accompagnavano la nascita della borghesia, delle signorie italiane e degli stati nazionali.

M. Innocenti